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a cura dell'Associato Dario Latrofa, Vice Presidente di ADT.


La Corte Costituzionale con la sentenza n. 36 pubblicata il 27 marzo 2025 è intervenuta sulle nuove preclusioni in appello nel processo tributario.


A tal proposito ha dichiarato: l’incostituzionalità

  • della norma (nuovo art. 58, comma 3 del D.Lgs. 546/92) che impediva “sempre” di depositare in appello deleghe, procure e altri atti di conferimento del potere di firma degli atti tributari, anche se indispensabili o impossibili da produrre in primo grado;

  • della norma transitoria (art. 4, comma 2 del D.Lgs. 220/2023) che applicava immediatamente la nuova disciplina alle impugnazioni relative a giudizi di primo grado già avviati prima della riforma, per violazione del principio del legittimo affidamento e del giusto processo.

 

Dal canto opposto, ha confermato la validità del divieto assoluto di produrre per la prima volta in appello le notifiche degli atti impugnati e degli atti presupposti.

 

 La Corte Costituzionale ribadisce che il legislatore dispone di ampia discrezionalità e può anche modificare in senso sfavorevole la disciplina di quei rapporti, ancorché l’oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti, e comunque acondizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non trasmodi in un regolamento irrazionalmente lesivo del legittimo affidamento dei cittadini.



 

 
 
 

a cura dell'Associato Dario Latrofa, Vice Presidente di ADT.



Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3625/2025 hanno chiarito - speriamo definitivamente - la disciplina relativa alla responsabilità personale dei soci di società di capitali cancellate dal Registro delle imprese.

Tale responsabilità emergerebbe solo una volta notificato l’avviso di accertamento ai soci (anche qualora i soci siano subentrati nel processo originariamente avviato dalla società), ex art. 2495 C.C. ed art. 36, co. 3, DPR 602/73 nel quale l'Ufficio deve provare che questi ultimi hanno riscosso somme di denaro in base al bilancio finale di liquidazione della srl. La responsabilità patrimoniale degli ex soci, però, opera nei limiti delle somme da essi riscosse in sede di liquidazione.

Tuttavia, il fatto che questi non abbiano riscosso nulla non esclude di per sé l’interesse ad agire dell’amministrazione finanziaria, che può radicarsi anche di fronte a beni e diritti non compresi nel bilancio. Il presupposto, in ogni caso, deve essere dedotto nella fase di accertamento, mentre resta fuori dal giudizio d’impugnazione promosso dalla società contro l’avviso di accertamento, anche se proseguito da o contro i soci come successori della compagine.




 
 
 




Contributo a cura dell'Associato ADT dott. Alberto Calzolari

La Corte EDU, con la sentenza resa nella Causa Italgomme Pneumatici Srl et alii v. Italia, 6.2.2025, ha inteso porre fine al lungo sonno del legislatore tributario italiano, relativamente alle garanzie che spettano al contribuente in caso di verifica presso il domicilio (da intendersi nel significato europeo, comprensivo quindi della sede dell'impresa, della società commerciale, dello Studio professionale, dell'attività di lavoro autonomo, oltre che, naturalmente, dell'abitazione).


I giudici di Strasburgo hanno constatato la distanza siderale che separa i criteri di tutela fissati nella propria giurisprudenza relativa all'art. 8 della CEDU, dalla normativa e dalla prassi che contraddistinguono le verifiche fiscali italiane. Quest'ultime si realizzano per il tramite della fishing expedition, ossia della pratica delle ricerca indiscriminata di prove, che a livello internazionale da molti anni non è più tollerata neppure per le indagini tributarie.


Eccessiva è la discrezionalità lasciata agli uffici della Guardia di Finanza e dell'Agenzia delle Entrate, con il concreto pericolo che tale discrezionalità si trasformi in arbitrio ai danni del contribuente, anche a causa dell'assenza di un controllo giurisdizionale. Per questo motivo la Corte EDU ha ritenuto violat o il diritto alla riservatezza del domicilio e della corrispondenza: nè la tutela differita offerta dalla giurisdizione tributaria, nè la tutela teorica esperibile presso il giudice civile, sono in grado di offrire un rimedio giurisdizionale effettivo all'utilizzo arbitrario delle norme che disciplinano l'accesso presso la sede del contribuente. Dunque, è violato uno dei requisiti che legittimano la compressione delle garanzie scolpite nell'art. 8 CEDU: l'ordinamento italiano non risponde alla riserva sostanziale di legge.


 
 
 
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